Il Dott. Luca D’Angelo commenta la recente pubblicazione delle linee guida sull’interruzione di gravidanza con metodo farmacologico
Il ministero della Salute in data 12.08.2020 ha pubblicato le nuove linee guida sull’aborto farmacologico: viene eliminato l’obbligo di ricovero dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla fine del percorso assistenziale e viene esteso il periodo in cui si può ricorrere ai farmaci, ossia fino alla nona settimana di gravidanza.
Chiediamo al dottor Luca D’angelo, medico generico, un giudizio sul quadro generale che si viene a delineare oggi in Italia.
Avv. Giulia Aldini (GA): Oggi in Italia cosa è possibile fare per una donna che voglia interrompere la propria gravidanza?
Dott. Luca D’Angelo (LD): Attualmente in Italia una donna può rivolgersi entro i primi 180 giorni di gestazione a strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni per richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG).
Entro i primi 90 giorni di gestazione la domanda può essere effettuata per motivi di salute, economici, sociali o familiari[1].
Dal 91° al 180° giorno, invece, la normativa prevede che l’IVG possa essere praticata quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna o quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della gestante[2].
GA: Quali sono le modalità per accedere a una IVG?
LD: Quando la donna si rivolge a una delle strutture già citate, il medico, al termine di una visita e di un colloquio, redige un documento insieme alla gestante. Il dottore attesta lo stato di gravidanza e la richiesta della donna di interrompere la stessa, oltre all’invito a soprassedere per sette giorni, salvo la presenza di situazioni emergenziali[3]. Il documento viene rilasciato in copia alla donna.
Trascorsa la settimana di cui sopra la gestante può presentarsi presso le sedi autorizzate per ottenere l’interruzione di gravidanza.
GA: Quali sono le tecniche per eseguire una IVG?
LD: Esistono due tecniche per eseguire una IVG: il metodo chirurgico e quello farmacologico.
Quello chirurgico è stato a lungo tempo l’unico metodo praticabile: è una tecnica molto conosciuta e relativamente sicura che tuttavia rimane una procedura invasiva con alcuni rischi. Inoltre è oggi l’unica tecnica praticabile anche dopo il 64° giorno di gravidanza.
Poi c’è l’IVG farmacologica, che prevede l’assunzione di due farmaci: un’unica dose di mifepristone (noto come RU486) e una prostaglandina (misoprostolo o gemeprost) a distanza di 36-48 ore.
Il primo farmaco causa la cessazione della vitalità dell’embrione, il secondo ne determina l’espulsione, favorendo le contrazioni uterine.
GA: In data 12 agosto 2020, il ministero della Salute ha aggiornato le Linee guida sul tema, questo cambiamento cosa comporta?
LD: Di fatto viene esteso l’impiego dei farmaci dal 49° al 63° giorno di amenorrea, pari a 9 settimane compiute di età gestazionale e viene annullato il vincolo del regime di ricovero dal momento dell’assunzione del mifepristone fino alla conclusione del percorso assistenziale.
Per ciò che riguarda l’estensione della prescrivibilità dei farmaci c’è stata una vera novità: prima tra il 49° e il 63° giorno si poteva ricorrere solo all’IVG chirurgica, mentre oggi si possono utilizzare anche i farmaci.
Per quello che interessa i ricoveri, invece, cambia poco. In realtà, se non si accertavano grossi pericoli, già normalmente la donna non veniva ricoverata. Questo poiché la pratica clinica si aggiorna in modo autonomo più velocemente rispetto alle normative e alle linee guida ufficiali.
In questa occasione il ministero è stato “costretto” a prendere una posizione netta dopo questioni sorte nella regione Umbria col cambio dei vertici politici locali. Ora, dopo l’aggiornamento, le Linee guida rispecchiano la realtà e legiferano sulla questione impostando il sistema che ogni medico dovrebbe seguire.
Un altro aspetto positivo del cambiamento è che evitando il ricovero obbligatorio delle donne gravide, si tengono a disposizione maggiori posti letto nei reparti ospedalieri per situazioni più gravi rispetto a quelle dell’ordinaria IVG.
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